da Maura Saita Ravizza 4 Gennaio 2017, 17:27

PSICOGENEALOGIA 2 - Lutto - Sindrome di anniversario

Lutto non elaborato

Come spiega l'analista junghiana Varena Kast[1], la nostra società è malata di una sostanziale incapacità di elaborare correttamente il lutto. La morte è uno dei tabù più forti a cui l'uomo moderno è confrontato: non se ne parla, è un soggetto completamente delegato alla religione, e quando a qualcuno capita di dover affrontare una scomparsa gli si consiglia di pensare ad altro, di partire per un viaggio, prendere dei tranquillanti, ecc. La morte e la sofferenza sono considerate come eventi lontani e quando siamo personalmente toccati da queste esperienze cerchiamo automaticamente di trovare in qualche modo un rimedio per dimenticarle presto. Naturalmente questo non è possibile.

Non c'è rimedio alla morte e alla sofferenza che si prova per il distacco da qualcuno che si è amato: possiamo, come abbiamo visto, proiettare questo amore su qualcun altro, si possono prendere dei psicofarmaci per attutire il dolore, trovare nuove e interessanti occupazioni ma prima o poi si deve "fare i conti" con questo avvenimento, ci piaccia o no. Questo "fare i conti" implica spesso sensi di colpa, idee di morte, sentimento di incapacità e non-valore (per non essere riusciti a impedire la morte o per non essere morti al suo posto), pesanti somatizzazioni, handicap emozionali, ecc.[2]

Secondo Elisabeth Küber-Ross ci sono varie "fasi" dell'elaborazione del lutto attraverso le quali si deve passare. La psichiatra svizzera ha elaborato una "curva del lutto" per visualizzarle: da sinistra scendendo in basso a dal basso salendo a sinistra questa curva evidenzia con chiarezza le emozioni e sentimenti che si provano durante un lutto in ordine cronologico.

Per quella che è definita la "malattia del lutto", l'incapacità delle persone ad elaborare la perdita, la psicogenealogia può essere estremamente utile: fare di una persona morta un elemento del proprio albero psicogenealogico significa ridare uno spazio dentro e fuori di sé alla persona deceduta. Trasformare i morti in degli antenati è un processo che aiuta all'elaborazione sia del proprio lutto che di quelli che la famiglia non è riuscita a fare. [3]

 

[1] V. Kast, L'esperienza del distacco, Red edizioni

[2] M. Saita Ravizza, Jung Psicogenealogia e Costellazioni familiari, Psiche 2, 2011, p.107 e sgg

[3] M. Molinè, Soigner les mort pour guerir les vivant, Le Seuil, 2006

La sindrome di anniversario

Josephine Hilgard, medico e psicologa a San Francisco in California, descrisse già nel 1953 in un articolo di casi clinici in cui era possibile reperire una "reazione di anniversario", la comparsa di una psicosi nel momento in cui un figlio raggiungeva l'età che il paziente aveva avuto quando un genitore era morto o era stato ricoverato in ospedale psichiatrico. L'articolo parlava in specifico di due casi di schizofrenia collegati a una ripetizione familiare che si erano risolti grazie alla comprensione del legame con la storia parentale. [1]

"Prima che il tema centrale (la reazione di anniversario) non fosse scoperta, questi due casi parevano inspiegabili (ed etichettati di schizofrenia). I sintomi sembravano apparire senza causa. Dopo che gli episodi centrali furono compresi, il resto del materiale clinico si mise al suo posto"[2]

Josephine Hilgard ha effettuato in seguito uno studio sistematico sui ricoveri in due ospedali psichiatrici californiani tra il 1954 e il 1957 e ha rilevato delle coincidenze "statisticamente significative" tra l'età del paziente quando ha perso un genitore (morte, internamento psichiatrico) e l'età del proprio figlio al momento della crisi psicotica.[3]

Anne Ancelin scopre la sindrome di anniversario perché sua figlia le fa notare, in seguito alla morte del fratello più piccolo, figlio della psicologa francese, una coincidenza familiare sorprendente: i secondi figli della famiglia avevano tutti fatto una fine tragica. In effetti A. Ancelin era la figlia maggiore di una famiglia dove il secondo figlio era morto e suo marito anche. In seguito all'incidente mortale del secondo figlio anche sua figlia, come lei e il padre, è restata figlia unica in una famiglia dove il secondo figlio muore.[4]

"Ripetere gli stessi fatti, le stesse date o le stesse età che hanno costituito il romanzo familiare è un modo per noi di essere fedeli ai nostri antenati (...) una maniera di continuare la tradizione familiare e di vivere in conformità ad essa."[5]

Anne Ancelin parla di periodo di fragilizzazione legato allo "stress di anniversario": le persone che hanno subito una perdita importante e non l'hanno elaborata, soffrono durante i periodi in cui questa perdita viene ricordata di tensione nervosa, logorio, affaticamento psicofisico che possono produrre incidenti o malattie di vario genere.

"La sindrome di anniversario è una ripetizione di un evento familiare passato generalmente traumatico, conosciuto e qualche volta dimenticato, o sconosciuto (inconscio), che indebolisce i discendenti in certi periodi o a certe età specifiche.

Questa ripetizione o fragilizzazione può anche esprimersi con un sentimento di malessere o angoscia, con degli incubi, dei mali diversi o una malattia, un incidente, una morte improvvisa, ma anche con un evento felice (nascite o matrimoni alla stessa data per esempio).[6]

[1] A. Ancelin Schützenberger, Psychigènèalogie, Payot, 2007, p. 39

[2] A. Ancelin Schützenberger, Psychigènèalogie, Payot, 2007, p. 45

[3] A. Ancelin Schützenberger, La sindrome degli antenati, Di Renzo Editore, Roma 2011, p. 73

[4] P. Van Eersel, C. Maillard, L’eredità più nascosta, Macro edizioni, 2012, p. 71

[5] A. Ancelin Schützenberger, Conferenza alla facoltà di Psicologia, Nizza 16/02/1987

[6] A. Ancelin Schützenberger, I segreti di famiglia, i non detti e la sindrome di anniversario in Trasmissions, érès, 2003 pag. 175

Maura Saita Ravizza

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